DAL SITO DELLA FEDERAZIONE: www.fabi.it
Su Milano Finanza intervista a Lando Maria Sileoni. Alla vigilia di un incontro cruciale per il rinnovo del contratto nazionale, il segretario generale della Fabi prepara l’azione per mettere gli istituti di credito in difficoltà: «A rischio contratto nazionale e Abi». Tutti i dettagli del complesso negoziato
Su Milano Finanza intervista a Lando Maria Sileoni. Alla vigilia di un incontro cruciale per il rinnovo del contratto nazionale, il segretario generale della Fabi prepara l’azione per mettere gli istituti di credito in difficoltà: «A rischio contratto nazionale e Abi». Tutti i dettagli del complesso negoziato
Qui rischia anche Abi
Alla vigilia di un incontro cruciale per il rinnovo del contratto di lavoro Sileoni (segretario Fabi) è pronto a mobilitare la categoria per mettere gli istituti in difficoltà. I dettagli del complesso negoziato
di Gaudenzio Fregonara
Nela trattativa per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro dei 280.000 bancari italiani «se continua così, non andremo da nessuna parte. Serve una assunzione di responsabilità da parte di tutti gli organismi Abi. Il rischio è che il contratto non si faccia e che l’Abi sparisca. Noi siamo pronti alla mobilitazione della categoria e a rendere ingestibili i gruppi bancari». A 48 ore dalla riunione ristretta fra i segretari generali di tutte le organizzazioni sindacali e la presidente del Comitato sindacale Abi, Ilaria Dalla Riva, in programma lunedì a Milano, il leader della Fabi, Lando Maria Sileoni, svela i dettagli del negoziato in corso da luglio e manda chiari messaggi alla controparte.
Come sta andando la trattativa?
Ho riflettuto molto prima di rilasciare questa intervista perché speravo, da parte dei rappresentanti delle banche, più sensibilità verso i propri dipendenti, più lungimiranza politica e meno egoismo. Se continua così – con rimpalli, con disimpegni, con critiche nei corridoi o nei vari incontri all’interno del Comitato sindacale Abi, dell’Esecutivo o del Comitato di presidenza – non andremo da nessuna parte. E credo che il contratto, non per nostre responsabilità, non lo chiuderemo certamente entro il 31 dicembre e comunque non riesco a fare previsioni. La categoria, i 280mila bancari italiani, deve sapere che la trattativa non è mai partita realmente, non per responsabilità del sindacato, ma per tutta una serie di motivi che spiegherò ora.
Ha deciso di vuotare il sacco?
Sì. Perché ho un rispetto e una considerazione per le lavoratrici e i lavoratori che mi impegnano moralmente a essere trasparente. Un tempo, l’Abi – questo è uno dei motivi principali – sapeva dove portare il settore, oggi è in balia e in ostaggio dei gruppi bancari, taluni dei quali, come già purtroppo accaduto, sottoscrivono il contratto nazionale, per poi un minuto dopo rimetterlo in discussione nei gruppi bancari. Così facendo, da anni, si delegittima l’Abi e l’Abi accetta passivamente questa situazione.
Faccia chiarezza al 100%.
Il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, non si è mai interessato direttamente delle vicende sindacali, seguendole a distanza, il direttore generale, Giovanni Sabatini, partecipa agli incontri ma non è un tecnico di relazioni sindacali, la presidente del Casl, Ilaria Dalla Riva, è alla sua prima esperienza da capo della delegazione sindacale Abi. E lo stesso Comitato sindacale Abi (Casl) si è rinnovato al 70% e i rappresentanti delle banche presenti sono anche loro alla prima esperienza, non hanno potere decisionale nella trattativa, limitandosi a indicare le singole richieste da presentare ai sindacati. Lo stesso Casl, con Dalla Riva in testa, dovrebbe ricevere un “ampio” mandato dall’Esecutivo Abi, composto per la maggior parte dagli amministratori delegati dei gruppi, che non conoscono nel dettaglio le relazioni sindacali, limitandosi a giudicare quanto il Casl riferisce. Il Comitato di presidenza, composto da alti dirigenti delle banche, normalmente prende sempre atto di ciò che decide l’Esecutivo. E, dulcis in fundo, il primo gruppo bancario italiano, Intesa Sanpaolo, partecipa come osservatore in quanto ha deciso, spero momentaneamente, di ritirare la delega sindacale al Casl. Mi dica lei se è possibile rinnovare un contratto nazionale così impegnativo, anche per i cambiamenti organizzativi in atto nelle banche, con queste condizioni.
Lei descrive è una situazione esplosiva: perché ha deciso solo adesso di renderla pubblica?
Perché vogliamo rinnovare il contratto nazionale in tempi rapidissimi, altrimenti salta tutto, perché gli stipendi sono fermi da anni e l’inflazione logora il potere d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori. E deve essere chiaro che, se i tempi si allungano, mobiliteremo la categoria, anche con decisioni e iniziative che faranno scalpore. Non esiste solo lo sciopero, esistono altri modi per farsi sentire e per farsi rispettare che neanche le banche possono evitare. Forse le banche possono condizionare una parte della stampa, ma con i social non hanno alcuna speranza. E anche lì siamo una macchina da guerra.
C’è dell’altro o ci ha detto proprio tutto?
No, c’è altro: qualche gruppo bancario non ha digerito il fatto che l’amministratore delegato di Intesa, Carlo Messina, sia venuto al congresso nazionale Fabi a dare la propria disponibilità ad accogliere interamente la nostra richiesta economica di 435 euro. Qualcuno l’ha presa male, facendo finta di non capire che in quel contesto parlava il primo esponente del maggior gruppo bancario e che era pienamente legittimato a rappresentare il proprio pensiero, tra l’altro avendo già da tempo annunciato l’uscita di Intesa dal Comitato sindacale Abi. L’aumento di 435 euro e il ripristino pieno del Tfr li devono digerire le banche, perché l’incremento economico è giustificato dall’inflazione e dagli utili miliardari delle banche e il ripristino del Tfr è superato in quanto l’emergenza è finita. E poi vogliamo risolvere il problema dei mutui “fringe benefit” dei dipendenti penalizzati dai conguagli fiscali.
Ma qual è, in questa condizione, il rischio maggiore che si corre?
Che il contratto non si faccia e che l’Abi sparisca. Due rischi che non vorrei mai si concretizzassero, anzi io mi auguro che anche Intesa rientri al più presto all’interno del Comitato sindacale Abi.
Da luglio a oggi, negli incontri in Abi, di cosa avete parlato?
Sono state date risposte evasive e negative rispetto alle nostre richieste e per nostre intendo quelle unitarie di tutti i sindacati. Nelle riunioni dell’Esecutivo Abi fin qui svolte, alcuni rappresentanti delle banche hanno eretto dei muri. Ora, che un piccolo gruppo bancario alzi la voce all’interno dell’Esecutivo quando nella propria azienda, da sempre, calpesta qualsiasi principio o prerogativa dei lavoratori, è davvero il massimo. Si lamentano che i sindacati hanno presentato 200 richieste, quantificandole in un aumento complessivo superiore al 20% del costo del lavoro attuale. In questo caso, gli aspetti sono due: o sono degli incompetenti o sono in malafede. Perché il contratto nazionale non ha un costo quantificabile, poiché l’unico costo certo è rappresentato da tutto ciò che è monetizzabile, in questo caso esclusivamente la parte economica. Conta anche il peso dei rappresentanti dei gruppi stranieri, ma in questo caso è indispensabile fare dei distinguo: tengo in grande considerazione la posizione di chi ha realizzato, nel tempo, un percorso socialmente responsabile e specchiato, mentre considero molto meno il punto di vista di chi nella sua azienda danneggia la categoria in tutti i modi. Non lo dico io, ma le sentenze della magistratura. Poi le assicuro che i sindacati aziendali e di gruppo nelle loro banche hanno sempre gestito con responsabilità tutti i cambiamenti in atto: nessun amministratore delegato può lamentarsi.
Da adesso in poi cosa si aspetta?
Una assunzione di responsabilità da parte di tutti gli organismi Abi, che tengano conto del peso politico e dell’autorevolezza dell’amministratore delegato Carlo Messina e mi aspetto un immediato recupero del tempo perso. Un ultimo avviso ai naviganti: se volete l’ingestibilità nei gruppi bancari e tutta una serie di iniziative che faranno scalpore, siete sulla strada giusta. Se 435 euro, tutti giustificabili, sono troppi, come devono essere giudicati gli stipendi milionari dei manager e dei loro più stretti collaboratori? In un periodo in cui le banche hanno realizzato, solo nel 2022, utili per 25 miliardi.
dichiarazione di Carmelo Raffa:
“PREPARIAMOCI A INTRAPRENDERE LE GIUSTE BATTAGLIE AL FINE DI FAR CAPIRE CHE I LAVORATORI PRETENDONO LA SOTTOSCRIZIONE DI UN CONTRATTO EQUO CHE TENGA IN DEBITA CONSIDERAZIONE I LORO NOTEVOLI SACRIFICI CHE SONO SERVITI A FAR OTTENERE UTILI SU UTILI AGLI ISTITUTI DI CREDITO“