ABI – trattativa CCNL. La FABI: “lavoratori pronti allo sciopero”. MF intervista Lando Maria Sileoni

Intervista su Mf Milano Finanza, di oggi, al segretario generale della Fabi Lando Maria Sileoni

PRONTI ALLO SCIOPERO

di Matteo Franzini

«Mai il sindacato così unito come ora». Nel giorno in cui ripartono le trattative in Abi per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro dei bancari, il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, avvisa i rappresentanti delle banche. «Non c’’è fretta per chiudere, pronti a scioperare e a bloccare le relazioni industriali nei gruppi. Le organizzazioni sindacali sono compatte».

Domanda. Oggi entrate nella fase conclusiva della vertenza per il rinnovo del contratto dei bancari?
Risposta. Non c’è fretta, non ce l’ha prescritto il medico di chiudere prima di Natale. Dobbiamo fare tutto per bene, soprattutto nella scrittura dei nuovi articoli del contratto nazionale. Quella è una fase delicata che richiede tempo, pazienza e capacità professionale. In Abi sono specialisti anche nel cercare di recuperare in forma scritta quello che lasciano verbalmente e “politicamente” sul campo. Hanno scelto di metterci pressione sul tempo, ma non ci riusciranno.

D. A che punto siete sui singoli argomenti? Quali distanze vanno colmate?
R. Siamo lontanissimi per la parte economica: vogliamoavvicinarci il più possibile ai 200 euro richiesti e i 135 euro offerti dall’Abi sono inaccettabili. Siamo lontani sul tema diritti e tutele. Siamo distanti rispetto alla nostra richiesta di ripristinare l’articolo 18 nel settore. Siamo,invece, vicini rispetto alla nostra necessità di eliminare il livello retributivo di inserimento professionale per i giovani. Puntiamo a rafforzare l’area contrattuale sul tema delle esternalizzazioni. Puntiamo a un nuovo contratto che tuteli anche la clientela, inserendo l’accordo già sottoscritto in Abi sulla sostenibilità delle politiche commerciali del febbraio 2017.
D. Abi punta sulla riforma degli inquadramenti, dagli attuali 13 livelli vuole passare a 6. Siete d’accordo?
R. Così com’è stata proposta non la prendiamo neanchein considerazione, poiché una riforma degli inquadramenti per essere economicamente e socialmente sostenibile ha bisogno di almeno un anno di lavoro. E comunque non accetteremo mai che, solo per interessi economici, si cerchi di recuperare con questa riforma quello che sarà il costo complessivo del contratto. Il tempo delle compensazioni mascherate è concluso perché le banche sono tornate agli utili, distribuiscono importanti dividendi agli azionisti e perché l’emergenza economica del settore è terminata.
D. Gli altri temi sul tavolo sono di serie B?
R. No, tutt’altro. Infatti, un eventuale rinnovo andrà valutato e pesato nel suo insieme.
D. Riuscirete a chiudere prima di Natale?
R. Sì, ma solo se ci saranno le condizioni. La nostra categoria deve sapere che possiamo rompere da un momento all’altro. Lo stato d’allerta è massimo e ci stiamo comunque organizzando sia per eventuali manifestazioni di piazza – come quelle del 2015 – sia con la mobilitazione della categoria attraverso scioperi. Sappiamo però che le banche temono molto il blocco delle relazioni sindacali nei gruppi che puntualmente si realizzerà nel momento in cui le nostre richieste saranno disattese.
D. C’è chi sostiene che con il web, il digitale e il nuovo contratto tramonterà l’ultimo bancario e in più, qualcuno aggiunge, che lo sportello è “vuoto”.
R. Prendo atto che è iniziatica la campagna elettorale a favore del gruppo Unicredit che presenterà il piano industriale il prossimo 3 dicembre. Me lo aspettavo, non è stata per me una sorpresa che qualcuno cerchi di creare le condizioni per far digerire un piano industriale lacrime e sangue. Dovrebbero, oltre al sindacato, anche i rappresentanti della politica sia nazionale sia nei territoriavere un colpo di reni e reagire. Ma non credo che siano nelle condizioni di poterlo fare. Sono però convinto che, all’interno della nostra società, esistano ancora gli anticorpi per poter reagire a probabili decisioni che priveranno il settore bancario italiano di una importante componente economica e sociale. Chiudere indiscriminatamente gli sportelli e tagliare i posti di lavoro servirà soltanto a chi ha l’obiettivo di delegittimare l’intero settore bancario italiano.
D. La Bce e anche il presidente della Commissione di vigilanza, Andrea Enria, spingono per nuove aggregazioni.
R. Fanno benissimo gli amministratori delegati dei principali gruppi a prendere tempo. Se le fusioni nascono solo per partorire esuberi e tagli del costo del lavoro, non ha nemmeno senso prenderle in considerazione, a meno che qualcuno in Europa e in Italia abbia già deciso di smontare il nostro settore, creando così le condizioni per dipendere da altre nazioni e da altri centri di potere. Non credo che sia solo il mercato a dettare le regole del gioco, credo che dietro al mercato ci sia la regia di interessi molto più specifici.
D. Vi riunirete dal 4 al 6 dicembre a Milano per il vostro 125° Consiglio nazionale, dove sono previste oltre 1.800 presenze. L’appuntamento sarà tutto centrato sul rinnovo del contratto.
R. Guido una grande organizzazione e sento il bisogno, l’obbligo, la necessità e il desiderio di far tesoro delle indicazioni del nostro gruppo dirigente. È stato sempre così. E, finché sarò io il segretario generale della Fabi, sarà sempre così.
D. Ci sono due nuovi segretari generali, Giuliano Calcagni della Fisac Cgil e Riccardo Colombani della First Cisl. E altri due, Massimo Masi della Uilca ed Emilio Contrasto di Unisin, che hanno esperienza nei rinnovi di contratto. Come sono i rapporti tra di voi?
R. Ottimi, non siamo mai stati così uniti e rispettosi gli uni degli altri. È un buon segno che dovrà essere concretizzato al più presto, soprattutto nel portare a casa una difficile vertenza come quella attuale. Non esistono divisioni né incomprensioni. C’è il comune interesse di tutelare al meglio una categoria che quotidianamente viene presa di mira da molti, per invidia, per gelosie e per ignoranza.
D. Qual è secondo lei il vero valore del contratto?
R. Il valore sociale del contratto tocca tutti i lavoratori, da quello dipendente del piccolo istituto di credito a quello del grande gruppo bancario, ma tocca anche le banche perché garantisce regole di comportamento e di competizione uguale per tutti. Il valore sociale del contratto dovrà essere rappresentato anche per quello che è il bene primario di ognuno di noi, la clientela degli istituti siano essi imprese o famiglie. Dopo quello che è accaduto nei recenti scandali bancari, concludere positivamente la vertenza rappresenterebbe, per l’intero settore, un ottimo segnale verso la società, un segnale di sensibilità sociale e di ritrovata responsabilità delle banche verso il sistema Paese, verso i territori e verso la clientela. Un eventuale conflitto con il sindacato peggiorerebbe l’immagine delle banche e creerebbe i presupposti per una frattura insanabile. E poi le dico la verità: sono proprio sicure le banche di poter reggere un eventuale periodo di instabilità e conflittualità?
D. Che cosa rappresenta il contratto nazionale per l’intero settore?
R. Dovrebbe rappresentare una garanzia di tenuta del settore anche di fronte ad agguerriti competitor esteri come Google, Apple, Facebook e Amazon. Ma soprattutto dovrebbe essere sempre rispettato e applicato senza deroghe e scorciatoie. Il contratto nazionale può arginare l’acqua alta, ma, se delegittimato, può fare la fine del Mose di Venezia.
D. Si è dimenticato di parlare dell’Abi.
R. Il presidente del Casl, Salvatore Poloni, è una persona seria: sa bene che un eventuale scontro con le organizzazioni sindacali non gioverebbe né alle banche né alla sua attività di presidente dello stesso Casl. I rappresentanti delle banche in Abi sono uomini “di tavolo”, di trattative, che conoscono le relazioni sindacali e che si ritroverebbero inguaiati, anche personalmente, se la conflittualità si dovesse estendere ai loro gruppi.
D. È una minaccia?
R. Sì, è una certezza.

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